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UN PO' DI STORIA

Le informazioni storiche che abbiamo raccolto in questa sezione non possono certo ambire a dare un quadro storico completo ed esauriente sugli “organi di legno”. Non ci occupiamo direttamente di ricerca storica, e nelle note che seguono non abbiamo fatto altro che riunire assieme alcuni dati raccolti da altri, limitandoci ad alcune pubblicazioni in lingua italiana. 



Il primo organo con canne in legno di cui si ha notizia in Italia venne costruito da Costantino Tantini per Leonello d’Este e venne poi inviato al re di Napoli Alfonso d’Aragona nel 1448.(1) Le canne erano disposte a chiocciola, vale a dire a spirale, con le più grandi al centro e le più piccole all’esterno, ed erano certamente tornite.
Quasi un secolo e mezzo più tardi, troviamo sempre a Ferrara uno strumento assai simile, descritto da Ercole Bottrigari: “un Organo fatto a chrozzola, ò diciamo à voluta, overo à vite, con le canne tonde di legno di Busso, di assai notabile grandezza”.(2) Una celebre immagine di organo a chiocciola – anche se con canne di metallo – si trova nella Madonna in trono con Bambino e angeli musicanti di Cosmè Tura, oggi alla National Gallery di Londra.
Si tratta però, nei due casi citati, di strumenti preziosi e straordinari, anche per la particolare difficoltà di costruzione che presentavano, e dovevano perciò essere destinati ad una committenza di eccezione. Era però quasi certamente già praticata in quegli stessi anni la costruzione di canne in legno di sezione quadrata o rettangolare.
Già nel 1454, troviamo infatti nel duomo di Arezzo un “organo di canne di legno perfettissimo di dolcezza e soavità che stava sopra la porta di sacrestia”.(3) Quasi certamente si trattava di canne quadrate: esse erano di gran lunga più diffuse delle canne tornite di legno, molto più facili da costruire, ed erano meno costose anche rispetto alle canne di metallo:


Leonello D'Este


Madonna in trono con Bambino e angeli musicanti (Cosmè Tura)

Frontespizio della "Regola" di Antonio Barcotto

“una canna di legno, per grande che sia, non valerà più di tre o quattro Ducati; ma di stagno valerà trenta, o quaranta, conforme la sua grandezza”, secondo quanto scrive Antonio Barcotto, un organaro veneto, nel 1652.(4)
Le canne in legno non erano usate solo in Italia. Secondo Arnolt Schlick autore di un trattato tedesco del 1511, un buon Ruckpositiv (positivo tergale) deve contenere innanzitutto “un principale costituito da canne in legno, o in stagno ma comunque intonate come se fossero in legno”.(5) É evidente che in questo contesto Schlick prescrive le canne di legno perché attribuisce grande importanza al loro suono caratteristico, notoriamente più morbido e delicato rispetto ai registri in metallo. Lo stesso Barcotto conferma questa differenza di timbro tra le canne lignee e quelle metalliche: “Sono usate le canne di legno, e la maggiore ragione è per formare istromenti dolci da camere, o sale, o vero d’Accademia, acciocché per la vicinanza delle orecchie d’ascoltanti non siano fastidite dall’alterezza del suono e gli strumenti in tali luoghi quanto più son dolci, tanto maggiore soavità formano”.(6)

Alla fine del ‘500 in Italia si avvia un processo di grandi trasformazioni del linguaggio e delle forme musicali. La nascita del melodramma si fa risalire, come è noto, all’influsso della Camerata dei Bardi, un circolo che a Firenze riuniva letterati, musicisti e intellettuali. L’idea di rinnovare la musica a partire dal modello fornito dagli antichi non sarà senza conseguenze. Si afferma una melodia libera, che esprime il flusso imprevedibile delle emozioni, e contemporaneamente, si utilizza una forma di accompagnamento in cui la libertà del canto dev’essere assecondata e sostenuta, ma con discrezione, senza contendere il primato alla voce. Nella pratica del “basso contino” l’organo di legno, per la sua “dolcezza e soavità” trova la sua collocazione ideale.  
Alla fine del ‘500 troviamo a Firenze, alla corte dei Medici, numerosi organi con canne in legno di cipresso, di piccole e medie dimensioni, destinati alla musica da camera. È il soprintendente alle arti presso i Medici, Emilio dei Cavalieri, già attivo nella Camerata dei Bardi, che introduce a corte questi strumenti, non a caso nel periodo che vede la nascita dell’opera in musica. Croce, Banchieri, Viadana, Cavalieri, Peri, Caccini sono i primi ad utilizzare il basso continuo, negli anni che vanno dal 1594 al 1602. Sia Emilio dei Cavalieri(7) che Claudio Monteverdi(8) prescrivono un organo di legno per la realizzazione del basso continuo.


Claudio Monteverdi

Organo della Silberne Kapelle


Organo di Santa Maria delle Grazie


Organo di S. Maria delle Grazie - Particolare

Successivamente la pratica del basso continuo si diffonde in tutta Europa: in Germania (Praetorius, verso il 1615), in Inghilterra (Deering, 1617), in Francia (Boesset, verso il 1635), e assumerà una importanza fondamentale per lo sviluppo delle forme musicali del XVII secolo. Anche gli organi di legno troveranno in quegli stessi anni una larga diffusione, come testimonia il trattato del Barcotto: “...in Padoa nell’Accademia dell’Ill.mo Sig.r Mantoa, ov’è un organo tutto di legno (...) fabricato con mirabile bellezza; e nelli AppartamentI delll’Ill.mo ed Eccel.mo Sig.r Marchese Obici vi sono tre organi di legno d’esquisita bontà (...); ed anco in molti altri luoghi, come Venezia, Vicenza, e per ogni parte se ne trovano, che per brevità tralascio.”(9)È verosimile che questi strumenti venissero usati in larga misura per musica da camera.
Gli organi di legno erano presenti anche alla corte di Ferrara e a seguito della perdita del ducato da parte degli Estensi vennero trasferiti nel castello di Modena, come testimoniano gli inventari di materiale musicale compilati in quegli anni e oggi conservati all’Archivio di Stato di Modena. In particolare vengono citati “Un organetto di cipresso con la sua tellla verde cone tre mantici” (1612), e “Tre organini di cipresso, de’ quali a uno per di dentro vi son pivette di piombo” (1629).(10) [i contatti di Luzzaschi con la corte medicea]
Purtroppo di questi strumenti si sono conservate fino ad oggi solo poche tracce. Ma almeno due importanti organi italiani si sono conservati fino ad oggi. Il primo si trova ora nella Silberne Kapelle di Innsbruck, ha sette registri,  ed è databile alla fine del ‘500. Le canne sono in legno di cedro, ma i soprani della XV, XIX e XXII sono in metallo.

Un altro importante strumento con canne lignee è conservato nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Montepulciano. Ha nove registri, tutti in cipresso, fino al limite di un ottavo di piede per i ritornelli. È attribuito all’organaro Agostino Buratti, ed è databile attorno al 1713-1717.(11)

Anche dopo la nascita dell’opera in musica, quindi, le canne di legno continuarono ad essere utilizzate, e non solo in Italia. In particolare, le troviamo citate in un testo tedesco di organaria del 1768, scritto da Jakob Adlung: “Le canne di metallo possono essere portate con più facilità ad una pura e bella intonazione, rispetto a quelle di legno; queste ultime suonano di rado così bene come quelle di metallo. Tuttavia certi organari sono capaci di intonare le canne metalliche in modo tale che suonano come quelle di legno, e, al contrario, dispongono quelle di legno in modo che non sono per niente da meno rispetto al suono di una canna metallica.”  Ottenere da queste canne un suono argentino rappresentava la più grande sfida per un organaro: “Quando le canne sono completamente in legno, costituisce per loro una perfezione se possono ricevere una sonorità metallica.” (12)

 

1 Enrico Peverada, Un organo per Leonello d’Este, nella rivista “L’Organo”, XXVIII (1993 – 94, pp. 3 – 30). Questa e altre interessanti notizie storiche sugli “organi di legno” sono state raccolte da Pier Paolo Donati, vedi: Pier Paolo Donati, 1470 – 1490: organi di cartone degli studioli dei principi, In La musica a Firenze al tempo di Lorenzo il Magnifico, Atti del Congresso internazionale di studi, a cura di P. Gargiulo, Firenze, 15 – 17 giugno 1992, Firenze 1993, pp. 275 – 280.
2 Ercole Bottrigari, Il Desiderio, overo de’ concerti di varii strumenti musicali (1594), citato in Arte nell’Aretino, La tutela e il restauro degli organi storici,a cura di Pier Paolo DONATI, Firenze, EDAM, 1979.
3 Coradini F., La cappella musicale del Duomo di Arezzo,in “Note d’archivio per la storia musicale”, XIV (1937), p. 55. In Arte nell’aretino, cit., p. 214.
4 Antonio Barcotto, Regola e breve raccordo per far rendere agiustati, e regolati ogni sorte di Istrumenti da vento, cioè Organi, Claviorgani, Regali e simili, 1652, edito da LUNELLI, Renato, in Un trattatello di A. Barcotto colma le lacune dell’ ‘Arte Organica’  in ‘Collectanea Istoriae Musicae’, I (Firenze 1953), pp. 135-155.  Il trattato è stato di recente pubblicato sulla rivista della Accademia di Musica Italiana per Organo.
5 Arnolt Schlick, Spiegel der Orgelmacher und Organisten (1511).
6 Antonio Barcotto, Regola e breve raccordo…, citato.
7 Emilio de Cavalieri, Rappresentazione di Anima et di Corpo..., A Lettori, Roma, 1600
8 L’Orfeo, 1607
9 Antonio Barcotto, Regola e breve raccordo…, citato.
10 Carlo Giovannini, Paolo Tollari, Antichi organi italiani, La provincia di Modena, Modena, Franco Cosimo Panini, 1991, p. 239.
11 cfr. R. Giorgetti, Organi e organari a Montepulciano, Firenze, Giorgi e Gambi 1994, pp. 7-9, 40.
12 WERCKMEISTER, Andreas, Orgelprobe, 1698, trad. it.: Collaudo dell’organo,  a cura di Francesco Tasini, Turris Editrice, Cremona, 1996, p. 29.

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